FLUSSI DI COSCIENZA, DI CONSAPEVOLEZZA, DI INCONSAPEVOLEZZA

 

I circuiti cortico/corticali e cortico/subcorticali

Studi recenti di neuroscienze[i] hanno evidenziato che le aree corticali e subcorticali sono collegate tramite circuiti piuttosto complessi. Essi funzionano per mezzo di meccanismi di attivazione e d’inibizione; questi ultimi presenti nelle aree subcorticali.

I cinque grandi nuclei che formano i Gangli della base assieme al talamo, all’amigdala, all’ippocampo fanno parte di tali circuiti cortico/subcorticali.

Accanto ai circuiti cortico/subcorticali sono stati riconosciuti circuiti cortico/corticali che connettono aree della corteccia

Ambedue i tipi di circuiti vedono l’attivazione costante della corteccia frontale, tanto che i due tipi di circuiti sono anche detti: circuiti fronto/corticali e fronto/sottocorticali.

 

I circuiti fronto/corticali conosciuti sono:

1)      il fascicolo arcuato longitudinale superiore. Connette l’area di Wernicke con l’area di Broca con alcune fibre che si diramano nella corteccia parietale inferiore[ii]

2)      il fascicolo fronto/occipitale superiore. Connette la corteccia frontale e l’insula con le regioni temporali ed occipitali. Secondo Catani e colleghi[iii] le fibre sembrano, invece associare quasi esclusivamente la corteccia prefrontale dorsolaterale con il lobo parietale

3)      il fascicolo uncinato. Connette la corteccia frontale orbitale e polare con le aree temporali anteriori

4)      il cingolo connette le aree orbitali e mediali del lobo frontale con l’ippocampo e le aree parietali posteriori ed occipito/temporali.

I circuiti fronto/sottocorticali riconosciuti sono:

1)      circuito motorio. Comprende l’area motoria supplementare, le aree premotorie, l’area motoria primaria e quella somatosensoriale.;

2)      Circuito oculomotore, che ha origine nei campi oculari frontali

3)      Circuito prefrontale/dorsolaterale, collega la superficie dorsolaterale del lobo frontale con altre aree frontali e quelle parietali

4)      Circuito orbitofrontale/laterale facente capo ai giri orbitali laterali con collegamenti alla corteccia temporale dell’insula. E’ collegato col circuito dorsolaterale.

5)      Circuito orbitofrontale/mediale ha origine nel giro retto e nel giro orbitario mediale, è collegato con la corteccia cingolata anteriore e riceve afferente da strutture subcorticali e mesencefaliche implicate con la gratificazione ed il piacere.[iv]

6)      Circuito del cingolato anteriore. E’ ripartito in tre sottoregioni: rostrale, con funzione affettiva; dorsale, con funzione cognitiva,  caudale con funzioni motorie.[v]

7)      Circuito corteccia laterale/cervelletto con funzioni esecutive.

Questi circuiti sono reciprocamente interconnessi.

 

 

In basso è illustrato il circuito motorio dei nuclei della base[vi] Esso fa parte del più complesso circuito percettivo/motorio che comprende il cervelletto, i nuclei pontini, il midollo spinale, il tronco dell’encefalo ed altre aree della corteccia.

 

 

 

 

La funzione cognitiva di base

La presenza di questi circuiti ci spinge ad una considerazione.

Ciascuno di essi ha una semplice funzione associativa, limitandosi a trasmettere tramite le varie connessioni le informazioni da un’area all’altra, oppure la presenza di questi circuiti nell’architettura generale del sistema nervoso sottintende una loro funzione cognitiva?

Se è così, quale può essere questa funzione?

 

Consideriamo il circuito percettivo/motorio

Uno dei più semplici atti motori causati da una percezione è il riflesso.

Se tocchiamo con la mano un oggetto incandescente, immediatamente la stacchiamo. Questo gesto è automatico ed inconsapevole.

La funzione cognitiva che regola questo meccanismo può essere quella espressa dai termini “se…allora”.

Se un dolore improvviso colpisce una parte esterna del corpo, allora quest’ultima è automaticamente allontanata dalla fonte di sofferenza.

E’ possibile che sia questa la funzione cognitiva di questo circuito?

La risposta è negativa. Infatti, il circuito percettivo/motorio espleta anche la funzione di apprendimento. L’esperienza c’insegna che gli animali movendosi ed esplorando l’ambiente imparano; infatti, acquisiscono nuove competenze motorie e nuove conoscenze.

Se vogliamo ipotizzare una funzione cognitiva per tale circuito essa deve comprendere la funzione di apprendimento.

 

A questo punto è opportuna una digressione.

Gli studi sul condizionamento classico e quelli sul condizionamento operante hanno messo in luce il fatto che, se ad uno stimolo o ad un’azione segue più volte una ricompensa o una punizione, l’animale impara ad associare lo stimolo o l’azione alla ricompensa o alla punizione.

Esempio del condizionamento classico è quello del cane affamato che riceve cibo dopo l’accensione di una luce. Ben presto impara che l’accensione della luce significa l’arrivo del cibo.[vii]

L’apprendimento avviene tramite un meccanismo di anticipazione. Vista la luce, esso si aspetta il cibo.

Processo analogo avviene nel condizionamento operante. Un topo che acquista consapevolezza del fatto che premendo una leva riceve del cibo, preme la leva anticipando mentalmente la comparsa dell’alimento. [viii]

 Accanto ad un meccanismo di attivazione opera anche un meccanismo di inibizione.

Se all’accensione della luce il cane non riceve più volte il cibo l’aspettativa si riduce fino a scomparire.

Gli esperimenti di Tolman[ix]. sull’apprendimento di mappe spaziali dei topi confermano il processo di anticipazione.

C’e una vasca con quattro piattaforme. Il topo è messo nella piattaforma A; il cibo è collocato, le prime volte, alternativamente nella P e nella P’. In seguito il cibo è posto solo sulla piattaforma P. Dopo reiterate esperienze il topo appena è messo sulla piattaforma A si dirige subito verso la P, avendo imparato che proprio su quella piattaforma c’è il cibo.

Quando, invece che nella A, il topo è posto sulla A’, esso continua a dirigersi immediatamente verso la P, dimostrando di aver memorizzato la mappa del luogo.

Ciò che a noi interessa di questi esperimenti è il fatto che il ratto mostra sorpresa se non trova il cibo dove aveva supposto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Alla luce di questi esperimenti il processo cognitivo realizzato dai circuiti percettivi/motori potrebbe essere quello schematizzato nel seguente modello:

 

 

 

 

 

 


L’agire del topo corrisponde al movimento; l’ipotesi a ciò che esso si aspetta di trovare; la verifica a ciò che trova rispetto a quanto supposto. 

 

Prima di ipotizzare qualcosa il topo però riconosce l’ambiente in cui è inserito, cioè la vasca, le pareti, le piattaforme. Questa consapevolezza è ciò che abbiamo indicato con “se”. Si tratta dei dati oggettivi da cui parte il sistema cognitivo; le conseguenze di queste conoscenze acquisite sono state indicate con il termine “allora”. Nel nostro caso il topo deduce che nella piattaforma “A” è presente il cibo. Questa deduzione è anche un’ipotesi da verificare tramite movimenti o azioni.

L’ipotesi e la verifica riguardano lo stesso “oggetto” cioè il cibo che il ratto si aspetta di trovare. L’ipotesi però rientra nel campo “enti” mentali, il cibo, infatti, è presente solo nella mente del topo; la verifica implica l’intervento dei recettori sensoriali che informano la mente su ciò che è “realmente” presente nella piattaforma.

 

Circuito oculomotore

I vari sistemi motori presenti nel nostro corpo potrebbero funzionare tramite questo modello.

A tal proposito consideriamo il sistema oculomotore.

Supponiamo di essere in casa e di sentire all’improvviso un grido riecheggiare dietro di noi.

Quest’informazione entra rapidamente nel flusso di coscienza interrompendo e deviando la nostra attenzione (se…). La mente ipotizza il significato di quel grido (allora: qualche familiare si è fatto male) nonché la posizione di provenienza. Sulla base di queste supposizioni l’attenzione visiva si dirige nella porzione di spazio da cui ritiene che il grido provenga, tramite movimenti del corpo del capo e degli occhi. La percezione che segue funge da verifica alle nostre congetture.

 

Affinché questo modello cognitivo possa funzionare correttamente si rendono necessarie alcune condizioni.

Una di queste è la percezione del grido che è emesso.

A questa funzione provvede il sistema uditivo. Esso, tramite la coclea, ripartisce i suoni in base alla loro frequenza udibile. [x]

Oltre al grido la mente percepisce la posizione dello stesso; per espletare questa funzione cognitiva le informazioni provenienti dalle due orecchie sono organizzate nella corteccia uditiva primaria in colonne di sommazione e di sottrazione, disposte in modo alternato[xi].

 

Le informazioni, sia quelle provenienti dall’esterno sia quelle provenienti dal corpo sono ripartite nelle due componenti modale e spaziale. La componente modale raccoglie e trasmette i dati relativi a “che cosa” è l’oggetto. La componente spaziale si occupa della posizione.

 

Nell’esempio relativo al topo nella vasca, l’animale formula l’ipotesi sulla presenza del cibo. La consapevolezza della sua posizione è data dalla percezione visiva e dal riconoscimento dell’ambiente.

 

Sistemi percettivi e funzione cognitiva di base.

Il circuito cognitivo di base è circolare. Infatti, la “verifica” della precedente “ipotesi” è il punto di partenza o il “se” della nuova “ipotesi”. Sappiamo inoltre che il “se/verifica” consta di due componenti la percezione ed il riconoscimento. Molti pazienti cerebrolesi, infatti, in qualsivoglia modalità sensoriale presentano disturbi separati di percezione e riconoscimento.

A tal proposito, Antony Y. Stringer[xii] differenzia, tra le varie patologie, il deficit della percezione dello stimolo, il deficit della percezione dello spazio, i disturbi della identificazione (o riconoscimento) dello stimolo.

Per tale motivo invece di “se”/verifica” usiamo i termini percezione e riconoscimento.

Al posto della parola “ipotesi” utilizziamo quella di “recupero” che sottolinea meglio l’attività del circuito che agisce sui dati depositati in memoria.

Come vedremo più avanti il riconoscimento ed il recupero riguardano più “enti”. Al fine di realizzare un movimento mirato alla percezione di un “oggetto specifico” dopo il recupero e prima del movimento è necessaria una funzione cognitiva che indichiamo con “scelta”.

Tra le varie opzioni recuperate la mente sceglie quella da percepire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Chiamiamo “quanto di coscienza” l’informazione raccolta con la percezione che entra nel circuito ed è riconosciuto, recuperato e scelto.

 

I “quanti di coscienza” dipendono dalla funzione cognitiva di base e dai sistemi sensoriali. Questi ultimi raccolgono ordinatamente ed in circuiti paralleli l’informazione proveniente dall’esterno.

Lo schema in alto mostra l’interazione tra le informazioni sensoriali e il circuito cognitivo di base.

 

Una successione di “quanti di coscienza” la indichiamo col termine “flusso di coscienza”

 

Non tutti i circuiti cognitivi di base interagiscono con i sistemi sensoriali. Alcuni funzionano autonomamente. In questo caso il “quanto di coscienza” non è percepito ma rappresentato.

Il circuito cognitivo di rappresentazione è svincolato dalle informazioni sensoriali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Gli automatismi motori

Al fine di chiarire come si realizzano gli automatismi motori è bene sottolineare il fatto che il circuito motorio, pur essendo collegato alla consapevolezza cognitiva del riconoscimento degli oggetti, è autonomo rispetto ad essa.

Il circuito motorio, infatti, si attiva su consapevolezze ed ipotesi posizionali del corpo, che sono indipendenti dalle consapevolezze ed ipotesi cognitive (che cosa è l’oggetto e dove si trova).

Supponiamo di compiere un gesto semplice come quello di aprire la mano.

Questo movimento attiva il circuito se…allora – ipotesi ® movimento ® verifica.

Il se è la posizione di partenza della mano (relativa al braccio ed al corpo); l’allora/ipotesi è la posizione della mano dopo il movimento.

La consapevolezza della posizione iniziale e della posizione dopo il movimento è data dalle informazioni provenienti dai fusi neuromuscolari che consentono la propriocezione.

Se dopo aver aperto la mano la chiudiamo, la sequenza di apertura/chiusura è la seguente:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Quando ci muoviamo nell’ambiente o semplicemente muoviamo gli occhi, tali atti motori supportano le percezioni sensoriali. Abbiamo quindi due livelli di riconoscimento/recupero/percezione. Il primo riguarda la percezione delle posizioni delle parti corporee; il secondo riguarda la percezione esterna.

I due circuiti si integrano secondo lo schema illustrato in basso.

Quando spostiamo gli occhi per la percezione visiva, il movimento degli stessi dipende dalla posizione relativa che assumono rispetto al capo ed al corpo.

Il circuito attenzionale visivo utilizza tali movimenti per la percezione degli oggetti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La percezione di quanto è ipotizzato (recupero e scelta) avviene tramite il movimento oculare che supporta il sistema sensoriale visivo. Il movimento oculare stesso (nel riquadro) funziona tramite lo stesso meccanismo circuitale.

Il movimento oculare, in questa circostanza, è automatico.

L’attenzione, infatti, è volta alla percezione/riconoscimento visiva.

 

Mantenimento in presenza e focalizzazione

I circuiti percettivi e rappresentativi di cui ci siamo finora occupati concernevano il “passaggio” da un quanto di coscienza all’altro.

Esistono, però, per ogni modalità percettiva e rappresentativa circuiti che si occupano del mantenimento in presenza del “quanto di coscienza”

Il circuito oculomotore, per esempio, ci consente tramite i movimenti saccadici di “passare” da un quanto di coscienza all’altro. Nel caso in cui un oggetto si muove o si trasforma attiviamo il circuito di mantenimento in presenza. Agganciamo, con l’attenzione, il quanto di coscienza e ne seguiamo le trasformazioni o i movimenti.

Anche se simile agli altri, questo circuito è autonomo. Il processo cognitivo se...allora - ipotesi ® movimento ® verifica si realizza sullo stesso quanto di coscienza.

 

Anche il circuito di mantenimento in presenza è supportato da un circuito motorio. Relativamente alla visione, quest’ultimo agisce sulla base della posizione degli occhi rispetto alle altre parti del corpo.

 

Un ulteriore circuito percettivo/motorio è quello di “focalizzazione dell’attenzione”.

In ambito visivo si parla di “movimento di vergenza”[xiii]. Questo movimento è utilizzato per ampliare o restringere il campo percettivo. Se guardiamo un oggetto, per esempio un’auto, possiamo restringere il fuoco dell’attenzione, dirigendola sul cofano.

Anche il circuito di “focalizzazione dell’attenzione” è supportato da un circuito motorio che agisce sulla base della posizione degli occhi rispetto alle altre parti del corpo.

 

Il concetto di “tempo” si origina da i tre tipi di circuiti. I circuiti “di passaggio” consentono di categorizzare il tempo come “prima/dopo”. I circuiti di “mantenimento in presenza” consentono di categorizzare il tempo come “durata”.  I circuiti di focalizzazione categorizzano il tempo come “istante”.

 

Questi tre circuiti motori agiscono in sincronia. Al passaggio e focalizzazione segue il mantenimento in presenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


I primi due circuiti utilizzano quanti di coscienza relativi alla “posizione” dell’oggetto ed alla sua grandezza, il terzo agisce sul suo “stato”, ovvero il suo essere in moto o fermo.

Il passaggio e la focalizzazione agiscono concomitantemente. Si pensi alla circostanza in cui allunghiamo il braccio per afferrare una mela. I due movimenti di spostamento del braccio in avanti e di conformazione della mano alla mela avvengono contemporaneamente. In modo analogo lo spostamento degli occhi sull’oggetto agisce in sincronia con il movimento di vergenza che conforma la focalizzazione all’oggetto stesso.

Al passaggio ed alla focalizzazione può seguire il mantenimento in presenza. Spesso, però, l’attenzione non si sofferma sull’oggetto percepito e “passa” subito ad un altro.

 

 

I circuiti attenzionale su base modale.

Sappiamo che i sensi raccolgono le informazioni convogliandole lungo vie parallele che si differenziano per tipologia[xiv] In ambito visivo, per esempio, una via si occupa del “che cosa”, un’altra via del “movimento”, una terza della “posizione” e della grandezza.

Nell’ambito del “che cosa” la forma si differenzia dal colore.

Ciò che accomuna le informazioni disposte su vie parallele è la componente spaziale. La vista è organizzata retinotopicamente e la posizione delle immagini nella retina corrisponde alla posizione delle immagini nel “mondo esterno”, nonché alla posizione che le immagini stesse assumono nella corteccia percettiva primaria.

Grazie a questa organizzazione, la selezione di una porzione di spazio del campo visivo consente la percezione contemporanea di forma, colore, grandezza, luminosità, stato,...degli oggetti presenti in questo spazio.

In particolare, il passaggio/focalizzazione sintetizza forma, colore, grandezza, luminosità,...; il mantenimento in presenza aggiunge lo stato (in quiete o in moto).

La prima attività mentale permette la percezione/riconoscimento degli “oggetti fisici”; la seconda attività, in aggiunta alla prima, ci fa percepire/riconoscere se sono in quiete o in moto.

 

L’attenzione può spostarsi, oltre che da un oggetto fisico all’altro, dall’oggetto ai suoi “attributi”, ossia alle sue componenti per analizzarle nei dettagli. Può inoltre spostarsi dagli attributi all’oggetto

Di questa ulteriore funzione mentale si occupano i circuiti attenzionali modali (anteriori)[xv]

Per la loro funzione non occorre spostare l’attenzione nello spazio. Il “passaggio” dall’“oggetto” alla sua “forma” o al suo “colore” o viceversa non implica, infatti, alcun movimento oculare.

Anche i circuiti attenzionali modali constano di tre componenti: passaggio, focalizzazione e mantenimento in presenza.

Il passaggio e la focalizzazione spostano l’attenzione dall’oggetto ad un suo attributo modale (chiaro/scuro/, caldo/freddo, giallo, amaro,...), il mantenimento in presenza constata le eventuali variazioni nel tempo.

Quando, per esempio, osserviamo un camaleonte che cambia colore al suo mantello, spostiamo l’attenzione dal camaleonte al suo colore, mantenendo costante la nuova focalizzazione, per percepire le variazioni di colore. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


I movimenti ed il loro controllo

Le percezioni relative a differenti modalità sono raccolte da sistemi sensoriali diversi. Anche i circuiti cognitivi di base devono essere diversi. Sappiamo, infatti, che utilizzano specifici sistemi motori.

La vista, per esempio, utilizza il sistema oculomotore; l’udito utilizza movimenti del capo e del corpo, il tatto movimenti degli arti superiori, l’olfatto movimenti di inalazione dell’aria con movimenti del corpo, il gusto movimenti della lingua e dell’apparato buccale. Inoltre, è il sistema fonoarticolatorio a produrre i suoni della lingua.

Anche se diversi tra di loro, i vari circuiti motori, sono reciprocamente interconnessi. Se, per esempio, vogliamo percepire dettagliatamente un oggetto, ci avviciniamo ad esso, lo osserviamo, lo tocchiamo, ne sentiamo l’odore ed il suono. Questa serie di movimenti avvengono in modo coerente perché la mente ha un controllo costante della posizione di ogni distretto corporeo (compresi gli occhi all’interno delle cavità orbitali) e ne sposta alcuni tenendo presente la posizione degli altri.

 

In che modo avviene questo controllo?

In modo semplificato, “i muscoli possono essere rappresentati da due elementi disposti in serie: un elemento contrattile (raffigurato in basso da una cremagliera ed un pignone) e un elemento elastico (raffigurato da una molla) ”[xvi].

 

 

Il controllo della flessione del muscolo richiede, secondo la nostra teoria, una situazione iniziale nella quale la mente conosca la posizione del muscolo, l’ipotesi (o recupero) della posizione dopo la contrazione, la conseguente verifica tramite la percezione/riconoscimento. In basso lo schema illustra l’intero processo cognitivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Un’articolazione come il gomito (nella figura in basso) è flesso facendo ricorso all'innervazione reciproca oppure alla co-contrazione. 

Tramite l’innervazione reciproca, il valore di riferimento del bicipite, che è eccitato, si riduce e il muscolo si accorcia, mentre il tricipite, che è inibito, si rilascia. L'attivazione del bicipite aumenta la sua rigidezza e diminuisce il suo valore o lunghezza di riferimento, mentre il rilasciamento del tricipite ne determina la diminuzione della rigidezza e l'aumento del valore o lunghezza di riferimento. Le concomitanti variazioni che si verificano in entrambi i muscoli determinano una nuova posizione di equilibrio del braccio e il gomito si flette per assumere questo nuovo angolo articolare.

 

 

 

La flessione del gomito richiede la coordinazione di due muscoli. Mentre l’uno si flette, l’altro si rilassa (nella co-contrazione flettono entrambi)[xvii].

 

La sintesi cognitiva avviene su base spazio/temporale

I fusi muscolari sono organizzati somatotopicamente e gerarchicamente. Questa organizzazione riguarda anche la corteccia sensitiva primaria

Lo stesso avviene per i motoneuroni della corteccia motrice primaria e per i neuroni per le aree premotorie (aree delle ipotesi o recupero).

Questa organizzazione spaziale contribuisce al controllo del movimento di una sola articolazione oppure a quello di più articolazioni per movimenti complessi..

La seconda componente organizzativa è il tempo. Il movimento coordinato tra più articolazioni richiede precisi sincronismi temporali.

Lo schema in basso mostra le due attività relative al movimento del bicipite e del tricipite e la loro sintesi percettivo/motoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Attraverso un’innumerevole serie di sintesi percettivo/motorie, su base spazio/temporale, la mente controlla i movimenti e le stasi delle varie parti del corpo.

 

Livelli attenzionali

Nella vita di tutti i giorni i movimenti che eseguiamo concernono tutte le parti del corpo nel loro muoversi e nel loro stare ferme. Il semplice abbassarsi implica movimenti e stasi coordinati di gambe, braccia, schiena, … Si può affermare che, istante per istante, gli esseri viventi che si muovono, hanno un controllo totale del proprio corpo.

Questo vuol dire che, per ogni distretto corporeo, le informazioni relative alla posizione ed allo status (immobile o in moto) sono sempre presenti. Tali informazioni, come percezione provengono dai fusi neuromuscolari e dai recettori della cute, come recupero/scelta dalle aree premotorie.

Percezione e recupero  e scelta sono parte integrante dei circuiti cognitivi, quindi si può affermare che i circuiti cognitivi relativi alla posizione ed allo status di ciascun distretto corporeo sono sempre in funzione

Istante per istante ciascun distretto corporeo è coordinato con gli altri e tutti insieme costituiscono un mega-circuito che muove ordinatamente tutte le parti del corpo secondo lo schema: se → allora…ipotesi → movimento → verifica.

Esso agisce automaticamente ad un basso livello di attenzione. Nel momento in cui prestiamo maggiore attenzione ai movimenti di qualche distretto corporeo per modificarli, selezioniamo dal mega-circuito quello specifico distretto ed i suoi spostamenti.

Circuiti con più basso e più alto livello di attenzione, quindi, agiscono in sincronia. Mentre controlliamo volontariamente alcuni movimenti, tutti gli altri si svolgono automaticamente, integrandosi con quelli volontari.

Dopo opportuna esercitazione anche i movimenti volontari sono memorizzati ed automatizzati. Entrano così nel mega-circuito motorio che si attiva in automaticamente. Nello schema in basso i circuiti automatici sono rappresentati da frecce più spesse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La ripartizione dei circuiti in base ad un diverso livello di attenzione ci spinge a differenziare i concetti di “quanto di coscienza” e di “flusso di coscienza”

Relativamente ai circuiti con alto livello di attenzione è opportuno parlare di “quanto di coscienza” e di “flusso di coscienza”, proprio per la loro natura volontaria e consapevole.

Per quanto riguarda i circuiti automatici è meglio utilizzare i termini di “quanto di consapevolezza” e di “flusso di consapevolezza”. Queste parole sottolineano meglio le caratteristiche automatiche ed involontarie dei processi che tali circuiti realizzano.

 

 Anche se i sistemi motori che supportano i sistemi percettivi sono tra di loro interconnessi, per semplicità, quando parleremo delle relazioni tra i diversi sistemi percettivi considereremo autonomi anche i sistemi motori che ne stanno alla base.

Inoltre, anche se i sistemi motori si occupano, di ogni distretto motorio, tanto del “movimento” quanto della “stasi”, negli schemi scriveremo solo “movimento” che però va inteso come “movimento/stasi”. Alcuni muscoli, infatti, si muovono mentre altri stanno fermi ed il risultato di questo processo può essere tanto l’atto motorio di un determinato distretto, quanto la stasi dello stesso.

 

Circuiti modali e polimodali

I circuiti cognitivi possono essere unimodali o polimodali. I primi si caratterizzano per il fatto che nel “flusso di coscienza” e “consapevolezza” scorrono “quanti di coscienza” e di “consapevolezza” della stessa modalità. Nei secondi, il “flusso” è costituito da “quanti di coscienza” e di “consapevolezza” di modalità diverse. Questi ultimi sono i più frequenti. Spesso, infatti, “attribuiamo” una caratteristica “tattile” ad un “oggetto” percepito con la “vista”. E’ questa la circostanza in cui guardiamo un divano e lo tocchiamo definendolo “morbido”.

Possiamo, inoltre, di un divano, dire che è bianco e morbido. In questa circostanza ad un oggetto visivo attribuiamo due caratteristiche: una visiva, l’altra tattile.

 

Cerchiamo di chiarire come può la mente associare quanti di coscienza relativi allo stesso oggetto raccolti da modalità sensoriali diverse.

Supponiamo di guardare un cane che abbaia. La fonte sonora coincide con la fonte visiva, nel senso che riconosciamo che l’abbaiare proviene dalla bocca del cane che vediamo.

Affinché sia possibile associare l’abbaiare, che percepiamo con l’udito, con il cane, che percepiamo con la vista, è necessario che lo spazio visivo sia sincronizzato con quello sonoro.

In questa circostanza solo la coincidenza dei due spazi ci permette di unificare esperienze percepite con modalità diverse.

 Lo schema in basso mostra il passaggio attenzionale dallo spazio visivo alla sorgente (spazio) sonora. Questo passaggio consente un’associazione tra i due spazi che avviene a livello di riconoscimento/recupero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Il reiterarsi di questi passaggi dallo spazio visivo alla sorgente sonora e dalla sorgente sonora allo spazio visivo salda sincronizzando le due modalità.

Dopo che il legame è memorizzato in ogni punto dello spazio, una sorgente sonora attiva automaticamente lo spazio visivo ed uno spazio visivo attiva automaticamente una sorgente sonora.

 

Il rapporto tra spazi di modalità diverse può essere, per contesti evolutivamente importanti, di tipo non associativo bensì di sintesi, analogo a quello che intercorre tra gli spazi della stessa modalità.

E’ questo il caso dello spazio tattile con lo spazio peripersonale visivo.[1] Neuroni bimodali (tattili e visivi) parietali e promotori sintetizzano questi due spazi per consentire agli uomini ed alle scimmie la presa immediata di un oggetto posto a breve distanza visiva[xviii].

 

Vediamo adesso la formazione dei concetti in ambiti sensoriali diversi, cioè l’attivazione di flussi di coscienza polimodali.

Supponiamo di accendere un fiammifero.

Le aree percettive primarie trasmettono informazioni visive (fiamma,…), uditive (suono prodotto dallo sfregamento, dall’accensione e dalla combustione,…), olfattive (odore di bruciato,…), tattili (calore della fiamma,…)

Supponiamo che il circuito cognitivo di base selezioni lo spazio visivo relativo alla posizione del fiammifero.

Questa selezione spaziale attiva medesima selezione spaziale olfattiva, tattile, uditiva, poiché tali spazi sono associati.

Tutti e quattro i circuiti raccolgono contemporaneamente le informazioni provenienti dai recettori sensoriali. Esse sono: la fiamma (visione), il calore (tatto), odore dello zolfo (olfatto), il rumore del legno che brucia (udito).

 

Per semplificare, nello schema sottostante non è inserito il sistema percettivo dell’udito e il riconoscimento è messo insieme al recupero..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Dallo schema si nota come tre flussi di consapevolezza unimodali scorrono in circuiti paralleli. Essi riguardano quanti di consapevolezza visivi, tattili ed olfattivi.

Tramite il circuito attenzionale la mente passa da un flusso di consapevolezza all’altro e recupera, sceglie, percepisce e riconosce la fiamma (visiva), il calore, l’odore.

In particolare il riconoscimento/recupero della fiamma si associa col la scelta del calore ed il riconoscimento/recupero del calore si associa col la scelta dell’odore.

Questo processo genera un flusso di coscienza che riguarda la fiamma (recuperata, scelta, percepita e riconosciuta) il calore (recuperato, scelto, percepito e riconosciuto) e l’odore (recuperato, scelto, percepito e riconosciuto).

Se questo flusso di coscienza persiste per alcuni secondi, esso può essere memorizzato.

La sua memorizzazione comporta una sua attivazione automatica.

Così, se in un’altra circostanza percepiamo con la vista la fiamma, automaticamente si attiva un circuito che la collega al calore e all’odore.

In questo modo il circuito attenzionale ha permesso alla mente di imparare. L’apprendimento consiste nella costruzione di un nuovo flusso, ossia di una nuova associazione, in questa circostanza, polimodale.

 

Flussi di inconsapevolezza

A questo punto è opportuno differenziare accanto ai flussi di coscienza ed ai flussi di consapevolezza, i flussi di inconsapevolezza.

I flussi di inconsapevolezza riguardano esclusivamente le aree interessate al riconoscimento e al recupero. Lungo questo tratto scorrono quanti di inconsapevolezza.

La coscienza/consapevolezza riguarda, infatti, solo ciò che è percepito o richiamato alla mente. I quanti di inconsapevolezza rimangono nel limbo degli “enti” mentali potenziali. Essi accompagnano i quanti di coscienza/consapevolezza limitatamente al riconoscimento/recupero.

 Dopo il recupero, che concerne molti quanti di inconsapevolezza, viene “scelto” il quanto da rendere cosciente tramite rappresentazione mentale o percezione. In tal modo uno solo tra i quanti “potenziali” diviene “quanto di coscienza/consapevolezza”.

Possiamo, quindi parlare di tre flussi circuitali. Il primo è il flusso di coscienza che concerne l’attenzione sostenuta; il secondo è il flusso di consapevolezza che riguarda un livello basso di attenzione; il terzo è il flusso di inconsapevolezza, relativo a stati inconsci della mente.

Questi tre flussi supportano quanti di coscienza, quanti di consapevolezza, quanti di inconsapevolezza.

 

Livello categoriale e dei “percetti”

Consideriamo la parola “capo” del lessico orale. Essa è la sintesi temporale dei fonemi “c”, “a”, “p”, “o”. Ciascun fonema è, a sua volta, un’insieme di “caratteri distintivi”. Ciascun carattere distintivo, dal momento che può variare all’interno di un “range”, si può definire come l’insieme delle possibili variazioni.

Quando parliamo o ascoltiamo, ciascun carattere distintivo dei fonemi è formato da una sola delle variazioni possibili. Quelle specifiche variazioni rendono specifici tutti i tratti distintivi, che, a loro volta, rendono specifico ciascun fonema e quindi la parola in oggetto.

Questo è il livello dei “percetti”. Essi si caratterizzano per la loro “unicità”.

Se le possibili variazioni dei tratti distintivi sono indeterminate, anche i fonemi non sono specifici e neppure la parola.

Questo è il livello categoriale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Nei circuiti cognitivi i due livelli interagiscono. I percetti concernono la percezione e la rappresentazione; le categorie riguardano il riconoscimento/recupero.

Le aree percettive primarie sono le aree preposte alla percezione.

Per quel che riguarda i suoni e le immagini visive, le aree del riconoscimento sono la corteccia temporale (che cosa) e la corteccia parietale (dove e dimensioni), che si attivano concomitantemente alle aree percettive primarie dell’udito e della vista. Per riconoscere, infatti, è necessaria la presenza dell’oggetto percepito.

L’area del recupero/scelta è la corteccia prefrontale che si attiva concomitantemente alla corteccia temporale

 

La differenziazione tra percetto, e categoria riguarda pure i movimenti.

Essi hanno la duplice componente percettiva ed esecutiva.

La mente, infatti, per eseguire un qualsiasi movimento deve conoscere la posizione di ogni distretto corporeo.

Questa conoscenza proviene dalla percezione delle informazioni somatotopiche inviate dai fusi neuromuscolari e dai recettori periferici della cute.

Esse sono raccolte dalla corteccia somatosensitiva primaria che è l’area dei percetti (distretto corporeo e posizione).

L’area di memorizzazione concettuale.delle informazioni sulla posizione dei distretti corporei è la corteccia parietale.

La componente esecutiva del movimento riguarda l’atto motorio (corrispondente al percetto), ossia quello specifico movimento eseguito e la categoria, ossia il recupero/scelta delle posizioni.

L’area degli atti motori è la corteccia motrice primaria.

Le aree premotorie sono preposte al recupero/scelta; sono, quindi, aree di categorizzazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L’oggetto fisico è il “quanto di coscienza” percepito (o rappresentato), riconosciuto recuperato e scelto, ossia l’associazione tra percetto e categoria.

Si può definire anche come un “flusso di coscienza o di consapevolezza” significativo.

Ceccato[xix] e Vaccarino[xx] sottolineano il fatto che per costruire l’oggetto fisico la mente deve mettere in relazione un “percetto” con un altro “percetto”.

La nostra ipotesi, anche se diversa, non contraddice quella di Ceccato e Vaccarino. Infatti il flusso di coscienza e di consapevolezza relativi a percetto e categoria non si attivano da soli.

Quando l’informazione percettiva, infatti, giunge nell’area categoriale relativa a quello specifico percetto ed al suo riconoscimento, si accendono automaticamente flussi di inconsapevolezza. Essi sono in “relazione” con la categoria e ne costituiscono l’essenza stessa. Senza questi flussi automatici di inconsapevolezza la mente, infatti, non potrebbe riconoscere.

 

La costruzione dell’esperienza

Supponiamo di passeggiare in una via e di volgere la nostra attenzione dapprima ad un’autovettura che passa, successivamente alla persona che cammina con noi, quindi nuovamente alla macchina focalizzata in precedenza.

In quest’ultimo passaggio, il circuito oculomotore non dirige l’attenzione visiva nel punto dove in precedenza l’autovettura era stata vista, ma nella posizione dove probabilmente la macchina si trova al momento della seconda focalizzazione.

Per fare ciò, la mente dovrebbe calcolare la posizione della macchina, considerando il tempo trascorso tra la prima e la seconda percezione nonché la velocità e la posizione originaria.

Questo complesso calcolo non è realizzato. La mente agisce in modo più semplice.

Dopo che la macchina è stata focalizzata la prima volta e l’attenzione passa sulla persona che ci accompagna, si attiva un flusso di inconsapevolezza che mantiene automaticamente in presenza l’autovettura come “quanto di inconsapevolezza”. Questo flusso è molto preciso. La mente, infatti, dall’esperienza pregressa, ha imparato a spostare nello spazio nell’unità di tempo qualsiasi oggetto a qualsiasi velocità.

Quando l’attenzione ritorna sull’autovettura, quest’ultima è recuperata nel circuito inattenzionale e la sua posizione è verificata tramite percezione visiva.

Nello schema in basso il flusso di coscienza che passa dalla percezione del viso alla focalizzazione dell’autovettura è in grassetto. Il recupero dell’autovettura da parte del flusso di coscienza avviene sul flusso di inconsapevolezza che mantiene in presenza l’autovettura mentre il flusso di coscienza si focalizza sul volto della persona vicino a noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Flussi di coscienza, consapevolezza e inconsapevolezza agiscono in sincronia per la costruzione di scene complesse e di eventi.

Supponiamo di essere alla guida di una macchina con un panino imbottito in mano ed una persona seduta nel sedile passeggero con la quale conversiamo amabilmente.

Questa situazione piuttosto complessa è gestita dalla mente senza alcuno sforzo apparente. Eppure, in questa circostanza, sono impegnati tutti i sensi ed i vari sistemi motori, compresi quello oculomotore e fonoarticolatorio.

I cinque sensi e i sistemi motori attivano automaticamente e concomitantemente i propri circuiti di consapevolezza senza alcuna interferenza l’un con l’altro.

In questa circostanza il livello di attenzione per ciascun circuito cognitivo è piuttosto basso. L’attenzione è infatti distribuita su più ambiti; essa, però, non può definirsi inconsapevole. Se, per esempio, si smuove il pomello del cambio, oppure vediamo un oggetto in mezzo alla strada, oppure il nostro interlocutore ci offende, immediatamente sale il livello dell’attenzione in quel settore dove si è presentata una “stranezza” e si attiva il flusso di coscienza.

 

Accanto ai flussi di coscienza e consapevolezza agiscono i flussi di inconsapevolezza che integrano le varie informazioni raccolte dai sistemi sensoriali con quanto memorizzato.

Supponiamo che il nostro interlocutore ride e che noi percepiamo il volto e la risata.

Se ride ancora una volta, mentre noi guardiamo la strada, un flusso di inconsapevolezza associa la percezione uditiva con l’immagine del viso sorridente memorizzata in precedenza. Questo flusso arricchisce di significato il suono percepito, determinandone la categorizzazione.

I flussi di inconsapevolezza ci aiutano nella guida. Quando, per qualche attimo distogliamo l’attenzione dalla strada, i circuiti inconsapevoli proseguono la costruzione delle immagini tralasciate dai circuiti consapevoli. In tal modo, la posizione della macchina che ci precede è mantenuta in presenza quasi come se la vedessimo.

 

Gli oggetti complessi.

Per oggetto complesso intendiamo un oggetto fisico costituiti dall’unione di più oggetti fisici organizzati spazialmente, temporalmente o spazio/temporalmente.

Un oggetto complesso è l’articolo “il”.

Questa immagine, grazie all’organizzazione visuotopica dei recettori retinici e delle cellule dell’area visiva primaria, risulta spazialmente organizzata. Ciò consente tre modalità di selezione da parte del circuito cognitivo di base: “il” “i” e “l”.

Ad ogni percezione segue un riconoscimento.

Indicando la categoria col “corsivo” abbiamo: il → il, i → i, l → l. Nella corteccia associativa (area preposta al riconoscimento) si susseguono i seguenti “quanti di coscienza” il i l.

L’associazione dei quanti di coscienza a livello di “riconoscimento” è un “processo di costruzione di flussi”

Analogo “ processo di costruzione di flussi” avviene a livello delle relazioni spaziali.

Dopo reiterati passaggi attenzionali del tipo: il → i → l → il → i → il , nelle aree preposte al riconoscimento ed al recupero si crea una rete associativa, formata da flussi di inconsapevolezza.

Se si legge, con una singola fissazione “il”, in modo inconsapevole, si attivano i flussi relativi alla “i” ed alla “l” ed alle loro relazioni spaziali.

Questi flussi inconsapevoli sono fondamentali per il riconoscimento dell’oggetto complesso “il”. Infatti, se una persona ha lesioni nelle aree concettuali delle singole lettere non può attivare questi flussi in modo automatico. Tali persone, oltre a non essere in grado di riconoscere le lettere non riconoscono nemmeno le sillabe o le parole.

 

In modo analogo si “costruiscono” “oggetti” più complessi come le parole formate da più lettere

Quando leggiamo con una singola fissazione una parola, per esempio, “ciliegia” l’immagine lessicale attiva automaticamente le “categorie” di ciascuna lettera memorizzate nella corteccia temporale e le relazioni spaziali memorizzate nella corteccia parietale. Questi flussi di inconsapevolezza ci permettono un immediato riconoscimento della parola. Le lettere sono riconosciute a livello inconscio.

 

L’importanza dei flussi inconsapevoli si può capire considerando la difficoltà di leggere le singole lettere da parte di quei pazienti che non riescono a passare da un allografo all’altro, per esempio dal minuscolo al maiuscolo[xxi].

La categoria di una lettera è dato principalmente dall’insieme degli allografi.

Quando leggiamo una singola lettera, per esempio la “a” si attivano flussi di inconsapevolezza che passano dalla “a” alla “A”, alla “a". Tali flussi che associano i vari allografi sono importanti per la categorizzazione ed il riconoscimento.

E’ proprio la lesione dell’area che blocca tali flussi a rendere difficile la lettura di singole lettere.

 

Le parole e i loro significati

Supponiamo di pronunciare le seguenti parole: “Andrea mangia”.

Lo schema sottostante mostra l’attività del circuito

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Le numerose frecce che si originano all’atto del riconoscimento e che convergono sul recupero, sono le associazioni automatiche implicite che la parola “Andrea” genera nella corteccia posteriore, ossia le loro categorie. Esse accompagnano l’anticipazione sonora che segue la parola “Andrea”, cioè “mangia”.

Si tratta dei flussi di inconsapevolezza.

La parola “Andrea” richiama l’immagine della persona, il tono della voce, la postura,…Queste associazioni non sono consapevoli; esse formano la categoria di Andrea e sono il significato della parola.

Qualora volessimo scegliere una di queste associazioni, dobbiamo attivare il circuito di rappresentazione che genera il “quanto di coscienza rappresentativo

Per esempio dopo l’ascolto ed il riconoscimento della parola “Andrea”, possiamo richiamare alla mente il suo volto. In tal caso tra tutti i quanti di inconsapevolezza, uno è reso cosciente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Questo esempio mostra che l’attività rappresentativa è supportata da flussi di inconsapevolezza, che numerosi accompagnano i flussi di coscienza.

Tali flussi di inconsapevolezza formano opzioni di scelta per il circuito rappresentativo. Ciò significa che tra i tanti circuiti inconsci che si generano all’ascolto della parola “Andrea”, la corteccia prefrontale può scegliere quale rendere cosciente, portando l’attenzione sostenuta su di esso.

La funzione di scelta fra più opzioni esercitata dalla corteccia prefrontale è stata mostrata da diversi studi su pazienti cerebrolesi.[xxii]

E’ probabile che nella corteccia prefrontale vi sia un centro di attivazione, diretto o indiretto, delle aree primarie collegate con questi flussi inconsapevoli e che sia proprio l’attivazione di queste aree a trasformare ciò che è inconscio in conscio.

 

Categorie e concetti

Le categorie, che si formano nelle aree di riconoscimento/recupero, come abbiamo già detto, sono flussi di inconsapevolezza che accompagnano i flussi di coscienza/consapevolezza (oggetti fisici).

Per quanto riguarda il lessico orale e scritto tali flussi di inconsapevolezza concernono componenti linguistiche.

Se, per esempio, guardiamo la parola “caffè” si attivano flussi di inconsapevolezza relativi ad allografi delle singole lettere, alla loro posizione nello spazio, al lessico orale, all’organizzazione temporale dei foni,…

Le parole, però, veicolano significati, anch’essi flussi di inconsapevolezza.

Per esempio, la parola “caffè”, può generale flussi relativi all’aroma, al calore, al colore, ad una circostanza in cui ho sorseggiato un caffè,…

Anche se tali meccanismi sono analoghi, è opportuno differenziare tali flussi di inconsapevolezza chiamando “categorie” quelli prettamente linguistici e “concetti” quelli portatori dei significati.

 

La produzione orale e scritta

Quando parliamo o scriviamo, produciamo “oggetti fisici”. Le parole, infatti, sono dapprima recuperate dalle aree concettuali, successivamente sono prodotte attraverso il movimento fonoarticolatorio e della mano che coinvolge la corteccia motrice primaria.

Secondo la nostra ipotesi il circuito attenzionale genera una serie di flussi inconsapevoli di “concetti/categorie” ossia di parole recuperate nelle aree concettuali/categoriali. Di questa serie di flussi solo ad alcuni è aperta la strada verso le aree premotorie e l’area motrice primaria, per la produzione.

Un’area della corteccia prefrontale, in altre parole, agisce come un setaccio che lascia passare solo alcuni degli impulsi che numerosi provengono dalle aree concettuali e categoriali. Ciò che passa è prodotto, come suono, dal sistema fonoarticolatorio, come scritto dai movimenti del braccio e della mano.

Questo spiega la rapidità con cui produciamo parole. Alla base vi è un rapidissimo processo di raccolta e ordinamento dati che avviene inconsciamente.

La raccolta dei dati, che nella produzione linguistica è il lessico, dipende a sua volta dai significati che le parole designano.

I significati, però, secondo quanto andiamo esponendo, sono flussi di inconsapevolezza che accompagnano la parola stessa e che possono essere resi consapevoli.

Difficoltà nell’eloquio possono nascere da lesioni che interessano i processi di raccolta/ordinamento del lessico, i processi di selezione oppure i processi di produzione.

Il recupero del lessico può essere impedito da una lesione alla sua area di categorizzazione. Siamo in presenza dell’afasia di Wernicke.

Può anche essere impedito da una lesione all’area dei concetti, cioè a quell’area in cui si originano i flussi di inconsapevolezza che danno il significato alla parola.

In questo caso siamo in presenza dell’afasia transcorticale sensoriale.

Anche i processi di recupero e scelta possono riguardare categorie e concetti. Lesioni a carico di aree di recupero e scelta categoriale generano l’afasia di Broca; lesioni a carico di aree di recupero e scelta concettuale producono l’afasia transcorticale motoria.

Ovviamente la produzione orale e scritta può essere impedita da lesioni a carico delle aree premotorie, motrice primaria (movimento) e parietale (relazioni spaziali).

 

Pensiero e correlazioni

Ricerche sui potenziali evento-correlati hanno permesso ad alcuni studiosi si realizzare modelli psicolinguistici sulla comprensione del linguaggio.

Uno dei modelli più accreditati è quello di Frazier[xxiii] ripreso da Friederici[xxiv]. Secondo questo modello, durante la lettura o ascolto di una frase, la prima attività dell’analizzatore linguistico  è quella di inserire ogni parola nella struttura sintattica della frase, utilizzando informazione relativa alle parti del discorso.

Se per esempio, ascoltiamo o vediamo la frase “Giovanni corre a casa”, la mente (analizzatore linguistico) riconosce che “Giovanni” è un nome, “corre” è un verbo, “a” è una preposizione e “casa” è un nome. Sulla base di queste informazioni effettua le correlazioni.

A conferma di tale ipotesi sono apportati dati sperimentali.

Un errore del tipo (i gioca…) nel quale un articolo correla con un verbo flesso, genera una risposta precoce misurata con gli ERPSs attorno ai 250-300 ms, mentre un errore di concordanza articolo - nome (il stanza…) genera una risposta attorno ai 350-400 ms.

 

La linguistica stutturalistica ritiene che il linguaggio umano abbia una struttura superficiale ed una struttura profonda. La prima è tipica di ogni lingua e riflette il modo con cui le parole si accostano l’una alle altre. Per esempio una delle differenze tra la struttura superficiale dell’italiano e quella dell’inglese consiste nella posizione dell’aggettivo rispetto al nome a cui si riferisce. In inglese è anteposto, in italiano è quasi sempre posposto.

La foglia verde → the green leaf

La struttura profonda è caratteristica di tutte le lingue e riflette le comuni operazioni mentali.

In basso è illustrata la struttura profonda della frase: le foglie morte sono cadute a terra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


F = frase; SN = sintagma nominale; SV = sintagma verbale; SP = sintagma preposizionale; Art = articolo; N = nome; A = aggettivo; P = preposizione.

La realizzazione di questa struttura richiede due attività mentali. La prima è di “tenere insieme” tramite singola fissazione uno o più elementi della frase.

Indicando con la parentesi la singola fissazione, possiamo avere: (le), (foglie), (morte), (sono cadute), (a), (terra), (foglie morte), (le foglie morte), (a terra), (sono cadute a terra), (le foglie morte sono cadute a terra).

La seconda attività mentale è quella della categorizzazione linguistica per ogni selezione attenzionale:

le = articolo; foglie = nome; morte = aggettivo; sono cadute = verbo; a = preposizione; terra = nome; foglie morte = sintagma nominale (nome); le foglie morte = sintagma nominale (nome); a terra = sintagma preposizionale (preposizione); sono cadute a terra = sintagma verbale (verbo).

Il processo di categorizzazione, come abbiamo detto in precedenza, altro non è che un riconoscimento/recupero concernente “enti” linguistici.

Alla lettura o ascolto di una frase la mente riconosce/recupera, per ogni selezione, se si tratta di aggettivo, nome, e così via.

Questo processo avviene come flusso di inconsapevolezza ed accompagna ogni selezione attenzionale.

 

Il motivo per cui accanto ai sintagmi abbiamo messo tra parentesi la parte del discorso corrispondente è dovuto a quanto segue.

Quando si uniscono due o più parole, una sola mantiene il significato.

Infatti, “il libro sul tavolo” designa un libro e non una posizione  o un tavolo. Infatti, se dico a qualcuno di portarmi il libro sul tavolo, mi aspetto che mi porti un libro e non un tavolo.

“Sul tavolo” indica una posizione e non un tavolo.

Analogamente “mangiare un panino” designa un’azione e non un panino. Se dico che Giovanni ha mangiato un panino, comunico un’azione.

Dal momento che il libro sul tavolo è un libro e che libro è un nome, il libro sul tavolo è un sintagma nominale ossia un nome formato da tre elementi linguistici.

A livello categoriale e concettuale gli “enti linguistici” tenuti insieme dall’attenzione si fondono in una unità che ha una sola categoria ed un solo concetto: quelli del termine dominante nella struttura.

Il libro sul tavolo, a livello categoriale è un nome, a livello concettuale è un libro.

 

Vediamo adesso, nei dettagli, come agisce la mente per effettuare le correlazioni.

Supponiamo di ascoltare il semplice costrutto: “il vestito nero nell’armadio”.

La mente sintetizza su base temporale l’intera sequenza di parole. Dopo questa sintesi si attivano flussi di inconsapevolezza che categorizzano (nome o sintagma nominale) e concettualizzano (vestito) l’intera struttura.

Concomitantemente a questo processo di categorizzazione/concettualizzazione, la mente aziona flussi di inconsapevolezza che ripartiscono la struttura in sintagmi e parole (il vestito nero, nell’armadio, vestito nero, l’armadio,…).

Per ognuna di queste partizioni avviene, sempre come flusso di inconsapevolezza, la categorizzazione/concettualizzazione.

 

Come si può constatare, la maggior parte dell’attività mentale è inconscia.

Il processo di categorizzazione, però, è possibile solo a persone scolarizzate, che sappiano distinguere nomi da aggettivi, pronomi, avverbi,…

Le persone analfabete (o quasi) correlano utilizzando esclusivamente concetti.

 

Il fatto che buona parte del lavoro mentale avviene automaticamente ed inconsciamente in frazioni di secondo spiega la rapidità nel comprendere e produrre messaggi piuttosto complessi.

Le numerose attività inconsce chiariscono anche il motivo per cui semplici compiti linguistici coinvolgono numerose aree cerebrali dell’emisfero sinistro e destro del cervello[xxv][xxvi].

 

Flussi di inconsapevolezza categoriali/concettuali e circuitali

Supponiamo di ascoltare la parola “villa”, essa è associata ad altre parole quali: casa, appartamento, giardino… Ciascuna di queste parole, a sua volta, è associata con immagini visive, con suoni, odori, …

L’insieme di queste associazioni costituisce la categoria/concetto della parola.

Esse si attivano automaticamente al suono della parola attraverso una rete associativa che coinvolge aree della corteccia posteriore.

 

Per ogni categoria/concetto si attiva anche un flusso che mette in comunicazione le aree associative posteriori con le aree anteriori.

Questo flusso è organizzato in circuiti paralleli. A seconda delle categorie/concetti, il flusso si dirama da specifiche aree della corteccia posteriore verso specifiche aree della corteccia anteriore.

Si tratta proprio del flusso di inconsapevolezza, inserito all’interno dei circuiti cognitivi che consentono la percezione, la rappresentazione mentale, il movimento.

I circuiti fronto/corticali di cui si detto all’inizio, sono espressione di questo passaggio di informazioni.

 

In basso è indicato il flusso inconsapevole della rete associativa categoriale/concettuale che potrebbe attivarsi alla vista della parola “rana”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Dalle aree concettuali i flussi circuitali si spostano parallelamente nelle aree anteriori. E’ questo passaggio che noi chiamiamo “recupero”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Le categorie lessicali sonore (stagno) dall’area di Wernicke si spostano nelle aree prefrontale parallelamente alle categorie correlative (la rana nello stagno), memorizzate nel giro angolare e parallelamente ai concetti visivi memorizzati nella inferotemporale.

 

Le congiunzioni

Le congiunzioni si dividono in coordinative e subordinative.

Utilizzando le congiunzioni coordinative, la mente effettua una sintesi tra due “enti linguistici” che, però, a livello categoriale e concettuale rimangono divisi.

Se per esempio ascolto: “Giovanni e Francesco” la mente tiene insieme, con un’unica fissazione, l’intera struttura sonora, su base temporale. Si tratta di un “unico percetto”. Esso è costituito dall’insieme dei suoni percepiti riconosciuti e recuperati su sintesi temporale. Questo percetto, attiva due serie di flussi di inconsapevolezza, categoriale (nome, nome) e concettuale (Giovanni, Francesco),

 

Rispetto alla correlazione c’è una fondamentale differenza che si riscontra a livello concettuale/categoriale.

Nella correlazione ad un unico percetto corrisponde un’unica categoria ed un unico concetto.

Nella congiunzione coordinativa ad un unico percetto corrispondono due categorie e due concetti.

Se infatti ascolto: “Giovanni con Francesco”, con una sola fissazione genero un oggetto fisico percepito riconosciuto e recuperato. Ad esso, però, corrisponde un'unica categorizzazione (sintagma nominale) ed un unico concetto (Giovanni).

A conferma di ciò, alla domanda: “hai visto Giovanni e Francesco?”, si può rispondere: “no, non li ho visti”; invece, se la domanda è: “hai visto Giovanni con Francesco?”, una possibile risposta è: “no, non lo ho visto”.

 

Le congiunzioni subordinative al contrario di quelle coordinative, intervengono in strutture correlative.

Semplici esempi di questo meccanismo sono le proposizioni relative, che sono le più frequenti in ogni lingua.

Se ascolto “restituiscimi il libro che ti ho prestato”, l’intera sequenza: “il libro che ti ho prestato” è, a livello categoriale, un “sintagma nominale”, a livello concettuale, un “libro”.

Alla domanda: “mi hai restituito il libro che ti ho prestato?”, si può rispondere “si, te lo  ho restituito”. In questa circostanza “lo” sta per “il libro che mi hai prestato”.

 

Si possono fare numerosi esempi che dimostrino la struttura correlativa concomitante alle congiunzioni subordinative.

Per quanto riguarda le proposizioni oggettive, soggettive e dichiarative, notiamo la corrispondenza tra: soggetto - soggettiva, oggetto diretto - oggettiva, complemento indiretto – dichiarativa.

La tua contentezza mi fa piacere” ↔ “Che tu sia contento mi fa piacere”;

ti dico tutto quanto ↔ ti dico che è tardi;

mi dolgo dell’accaduto ↔ mi dolgo del fatto che tu non sia venuto

 

Una ulteriore conferma del carattere correlativo delle frasi introdotte da congiunzioni subordinative è data dal fatto che, se queste frasi sono espresse in forma implicita, si utilizzano preposizioni, le quali, come sappiamo, intervengono nelle correlazioni.

Studio affinché impari (proposizione finale esplicita introdotta dalla congiunzione affinché) ↔ studio per imparare (proposizione finale implicita, introdotta dalla preposizione per) ↔ studio per l’apprendimento (complemento di fine, introdotto dalla preposizione per).

Questo esempio mostra che tutti e tre i costrutti indicano un solo pensiero, quello di studiare. Le proposizioni finali e il complemento di fine sono una espansione di questo pensiero.

 

Circuiti logici consapevoli

Il circuito cognitivo di base “ dato questo → allora …ipotesi →  verifica”  (percezione/riconoscimento → recupero → movimento → percezione/riconoscimento) richiede due “passaggi”.

Si parte dalla percezione/riconoscimento e si conclude con la percezione/riconoscimento.

Il circuito, inoltre, è strutturato su basi logiche in quanto la verifica riguarda un’ipotesi formulata sulla base di un dato di fatto.

In questo circuito, però, non tutte le componenti sono coscienti. Sono consapevoli il “dato che” e la “verifica”. Essi, infatti, riguardano oggetti fisici percepiti, riconosciuti e recuperati.

L’ipotesi, al contrario, è inconsapevole. Essa è il recupero in memoria di quanto è verificato dopo il movimento.

Poiché questa componente è inconsapevole l’intero circuito agisce non sempre consapevolmente.

Noi infatti, non ci rendiamo conto, durante la lettura del processo di anticipazione[xxvii] che è stato dimostrato sperimentalmente. Inoltre non siamo coscienti del processo di ipotesi/verifica che permette alla mente di imparare.

Supponiamo di essere in salotto e di premere un interruttore; il circuito cognitivo anticipa l’accensione della luce. Il processo di anticipazione è inconscio e la consapevolezza riguarda il fatto che premiamo l’interruttore e che si accende la luce.

 

Per rendere cosciente l’anticipazione è necessario che il flusso di inconsapevolezza divenga flusso di coscienza. Un modo semplice per realizzare questo passaggio dal flusso di inconsapevolezza al flusso di coscienza, è quello di rappresentarci mentalmente l’accensione della luce, prima che l’interruttore sia premuto. La rappresentazione mentale, infatti, attiva le aree primarie inserendo nei concetti e nelle categorie la componente percettiva.

Tutto questo modifica il circuito di base cognitivo, nel senso che rende consapevole l’ipotesi.

 

Un possibile modello di questo circuito logico cosciente è illustrato in basso.

L’ipotesi rappresentativa cosciente si inserisce all’interno del dato che e la verifica.

La percezione di un fenomeno ci fa recuperare a livello rappresentativo quanto seguirà. Ciò che segue funge da verifica riguardo l’ipotesi rappresentativa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Questo circuito è simile al circuito cognitivo di base.

E’ probabile che il topo prima di guardare se nella piattaforma c’è il cibo generi una rappresentazione mentale dello stesso. In questa circostanza utilizza il circuito illustrato in alto. La stessa cosa fa uno spettatore che segue un film; spesso si rappresenta mentalmente la scena che seguirà. Analogamente un alunno teme di essere interrogato e anticipa mentalmente l’insegnante che fa il suo nome.

 

Il più delle volte, però, è più opportuno non generare la rappresentazione mentale, attivando il circuito cognitivo di base, che la bypassa . Questo consente alla mente di anticipare inconsciamente non una, ma una serie di ipotesi che poi saranno verificate.

 

Regole inconsce

Abbiamo detto che tramite le congiunzioni subordinative è possibile tenere insieme due pensieri in modo tale che uno sia l’espansione dell’altro. Questo tipo di legame dà origine ad un nuovo singolo pensiero.

Esso è una sintesi temporale e spaziale di parole, un’unica categorizzazione ed un unico concetto.

 

Supponiamo di rappresentarci mentalmente due pensieri di cui uno corrisponde al “dato che” e l’altro all’"ipotesi/recupero”. Per esempio: “piove (dato che), Giovanni non esce (ipotesi/recupero) ”.

Strutturando l’intera sequenza con la congiunzione “se”, abbiamo: “se piove, Giovanni non esce”. Essa va intesa col seguente significato: “se accade il fatto che piove allora accade anche il fatto che Giovanni non esce”.

La costruzione di questo singolo pensiero consente alla mente di avere una singola categorizzazione e concettualizzazione da utilizzare opportunamente.

Questo pensiero, infatti, può essere inteso come una ipotesi di quanto accadrà in futuro o come una regola.

Se conosco poco Giovanni e non so come si comporta in caso di pioggia, la mia affermazione è una semplice ipotesi.

Se lo conosco bene ed ho constatato che, ogniqualvolta piove, lui non esce, la mia affermazione è una regola sulle sue abitudini.

Questa regola interiorizzata come un’unica concettualizzazione, diviene un flusso inconsapevole che accompagna inconsciamente alcuni stati mentali.

Se, per esempio, vedo Giovanni sotto la pioggia, mi meraviglio. Questo mio stato d’animo nasce dall’evento percepito che contraddice la regola inconscia.

 

Se la regola è contraddetta è possibile constatare ciò tramite una concessiva: “Anche se piove, Giovanni è uscito”.

Spesso si introduce una causa per spiegare il non rispetto della regola. Può essere una causa deterministica o finale: “E’ uscito con la pioggia perché era stato chiamato dal figlio”, “E’ uscito con la pioggia per portare a spasso il cane”

 

 

Una frase è formata da elementi nucleari (in genere obbligatori) e da eventuali elementi extranucleari (facoltativi)[xxviii].

Per esempio nella frase: “Giovanni, il venerdì, compra il pesce” ci sono  tre elementi nucleari: “Giovanni compra il pesce” ed un elemento extranucleare “il venerdì”

L’elemento extranucleare può essere tolto senza che la frase perda significato. Al contrario se si toglie un elemento nucleare la frase diventa agrammaticale.

Alcuni elementi extranucleari, in particolare le espansioni temporali, consentono di strutturare pensieri che possono essere utilizzati come regole inconsce.

“Giovanni compra pesce” non può essere una regola, ma “Giovanni compra pesce il venerdì” può esserlo. Dipende da quante volte abbiamo visto Giovanni realizzare questa azione il venerdì.

La regola interiorizzata ci consente di fare previsioni e di costruire pensieri con espansioni finali, causali, concessive, conclusive, esplicative, avversative,…

1)      Questo venerdì Giovanni non ha comprato il pesce affinché la moglie gli cucinasse qualcosa di diverso.

2)      Questo venerdì Giovanni non ha comprato il pesce perché era stufo di mangiare sempre la stessa cosa

3)      Ieri era venerdì ma Giovanni non ha comprato il pesce

4)      Benché fosse venerdì Giovanni non ha comprato il pesce.

5)      E’ venerdì quindi ecco Giovanni col pesce appena acquistato

6)      E’ venerdì perciò Giovanni è andato a comprare il pesce.

7)      Giovanni ieri, venerdì, stava male, infatti non ha comprato il pesce.

8)      Oggi, venerdì, Giovanni ha comprato non solo il pesce ma anche la carne

 

Sostantivi, verbi ed aggettivi

Le differenze grammaticali tra le parti del discorso trovano riscontro in differenti attività attenzionali.

I sostantivi si originano dalla focalizzazione della sintesi spaziale e/o temporale, gli aggettivi dalla focalizzazione degli attributi o componenti, i verbi nascono dal “mantenimento in presenza”, mentre il “passaggio” attenzionale è all’origine delle relazioni.

Solitamente la prima cosa che percepiamo/riconosciamo è un oggetto (sostantivo). Esso si presenta come sintesi di forma, colore, dimensione, …

Possiamo, quindi, mantenere in presenza lo stesso oggetto soffermandoci sulle eventuali variazioni di stato nel tempo. Per esempio, guardiamo un gatto che sta fermo o si muove, fa le fusa, corre,…

Dall’oggetto, l’attenzione può passare ad una sua caratteristica. Per esempio del gatto si può notare il colore bianco . Anche la caratteristica può essere “mantenuta in presenza”. In questa circostanza utilizziamo un verbo. Del gatto diciamo che è bianco, che è diventato sporco…

 

 



[1] Per spazio peripersonale si intende quella porzione di spazio visivo tra il nostro corpo e l’oggetto raggiungibile con una mano.



[i]  Pietro Faglioni (1996): Il lobo frontale pag. 701- 750 in Manuale di neuropsicologia a cura di Gianfranco Denes e Luigi Pizzamiglio  Ed. Zanichelli Bologna

[ii] Catani M., Jones D.K., Ffytche D.H. (2005)Perysilvian language networks of the human Brain, in “Annals of Neurology” 57, pp. 8 – 16.

[iii] Catani M., Howard R. J., Pajevic S., Jones D. K. (2002) Virtual in vivo interactive dissection of white matter fasciculi in the human brain, in “Neuroimage” pp. 77 – 94.

[iv] Salzano R. (2003) Taming stress, in Scientific American, 289, pp. 88 – 98.

[v] Yucel M., Wood S., Fornito A., Riffkin J., Velakoulis D., Pantelis C. (2003) Anterior cingulate dysfunction: Implications for psychiatric disorders?, in “Journal of Psychiatry and Neuroscience, 28, pp. 350 – 354.

[vi] Lucine Coté, Michael D. Crutcher (1991): I nuclei della base in Principles of Neural Science  a cura di E. R. Kandel, J.H. Schwartz, T.M. Jessel Elsevier Science Publication Co

[vii] Pavlov I. (1982): “il riflesso condizionato”. In Antologia degli scritti Il Mulino, Bologna,

[viii] Skynner B. F.  (1938): The behavior of organisms: An experimental analysis, Appleton-Century – Crofts, New York

[ix] Tolman E. C. (1948): Cognitive Maps in Rats and Men, in “Psychological Review”, 55, pp. 189-208

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[xi] Autori vari (1991): Il sistema oculomotore in Principles of Neural Science  a cura di E. R. Kandel, J.H. Schwartz, T.M. Jessel Elsevier Science Publication Co

[xii] Antony Y. Stringer (1996) A guide to adult neuropsychological diagnosis published by F. A. Davis Philadelphia, Pennsylvania, Usa

[xiii] Autori vari(1991): i sistemi sensoriali cerebrali: sensazioni e percezioni (pag, 341-541) in Principles of Neural Science  a cura di E. R. Kandel, J.H. Schwartz, T.M. Jessel Elsevier Science Publication Co

[xiv] Autori vari(1991): i sistemi sensoriali cerebrali: sensazioni e percezioni (pag, 341-541) in Principles of Neural Science  a cura di E. R. Kandel, J.H. Schwartz, T.M. Jessel Elsevier Science Publication Co

[xv] Poster M. I., Petersen S. E. (1990) The attentional system of  the uman brain. Ann. Rev. Neurosci., 13: 25-42

[xvi] Claude Ghez (1991): il controllo del movimento (pag, 341-541) in Principles of Neural Science  a cura di E. R. Kandel, J.H. Schwartz, T.M. Jessel Elsevier Science Publication Co

[xvii] Claude Ghez (1991): il controllo del movimento (pag, 341-541) in Principles of Neural Science  a cura di E. R. Kandel, J.H. Schwartz, T.M. Jessel Elsevier Science Publication Co

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[xix] S. Ceccato (1974) La terza cibernetica, Edizioni Feltrinelli  Milano

[xx] G. Vaccarino (1981) Analisi dei significati Armando Editore Roma.

[xxi] Denes G., Cipollotti L., Zorzi M. (1996) dislessie e disgrafie acquisite pp 386 – 421in Manuale di Neuropsicologia. A cura di Denes G e Pizzamiglio L. Casa editrice Zanichelli

[xxii] Gail Robinson, James Blair, Lisa Cipollotti: Afasia dinamica: un’incapacità di scegliere tra risposte verbali in competizione? www.neuropsy.it

[xxiii] Frazier L. (1987). Sentence Processing: A tutorial review. In M. Coltheart (Ed.), Attention and performance, vol. XII (pp 559 – 586), Hillsdale, NJ: Erlbaum press.

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[xxviii] Gianpaolo Salvi, Laura Vanelli(2004): Nuova grammatica italiana Casa editrice Il mulino Bologna.